Daniel Stern

Daniel Stern si può considerare un pioniere dello sviluppo infantile, in particolare dell'Infant research. Stern sottolineò l'importanza dell'osservare la "Danza interattiva" che vedeva protagonisti madre e figlio. 

Le competenze dell'Io sono un potenziale messo al servizio della motivazione intersoggettiva per la strutturazione del legame d'attaccamento, e tutto questo è sostenuto e guidato dalla risposta sensibile, riflessiva, di quello che sta fuori. La nascita della madre non corrisponde alla nascita del bambino, la transizione alla genitorialità, implica una riorganizzazione della donna, che guiderà poi il sistema di accudimento, il quale sarà complementare al sistema di attaccamento dell'Io. 

Il bambino va accolto prima nella mente, per poi poter essere accolto nella realtà. La gravidanza è un evento che ha una forte valenza bio-psico-sociale, innescando cambiamenti significativi in molte aree della vita della donna. Sono necessari flessibilità e accomodamento per un rimaneggiamento profondo dell'assetto identitario della donna. 

La crisi transizionale è assolutamente normale proprio perché prelude al cambiamento, alla riorganizzazione del sistema di accudimento. 

La transizione alla genitorialità riguarda non tanto la gravidanza biologica quanto quella adattiva. 

Dagli anni '90 si cominciarono a costruire delle interviste semistrutturate per valutare il mondo rappresentazionale del genitore. Infatti, il mondo in cui una donna rappresenta sé stessa come madre e il modo in cui si rappresenta il proprio bambino ha un'influenza enorme non solo sulle modalità di cura e di accudimento, ma anche sul modo in cui il bambino si sviluppa e costruisce poi relazioni significative. La rappresentazione del genitore, quindi, è un fattore di rischio o di protezione. 

L'esperienza del neonato di se stesso e degli altri 

Stern contestò che il bambino si trovasse inizialmente in una fase autistica normale, così come pensava Margareth Malher. Secondo lo psicoanalista, il bambino era attivo, predisposto ad interagire con il mondo e con gli altri. 

Stern aveva una visione sequenziale dello sviluppo, considerando la crescita come un insieme di tappe in successione, ciascuna caratterizzata da punti cruciali, la cui mancata risoluzione avrebbe portato a specifiche entità successive. Secondo Stern non esistevano compiti evolutivi di una specifica fase, ma piuttosto questi rimanevano presenti per tutta la vita dell'individuo. 

Sostituì quindi il modello stadiale con il modello di costruzione continua. 


Senso del Sé 

Il senso del Sé venne definito da Stern come l'esperienza soggettiva organizzante, ossia il modo in cui l'individuo sperimenta se stesso nel rapporto con gli altri. Fornisce quindi la struttura con la quale organizzare gli eventi interpersonali. 

Lo sviluppo di diversi sensi del Sé avveniva secondo Stern nei primi tre, quattro anni di vita, grazie all'acquisizione di nuove abilità che permettevano al bambino di fare nuove esperienze soggettive e consentivano l'emergere di nuove esperienze interpersonali. I nuovi sensi di Sé che sarebbero comparsi progressivamente avrebbero operato in modo continuo e simultaneo nel corso della vita ed erano fondamentalmente cinque: 

1. Senso del Sé emergente: (0-2 mesi) il bambino presenta sin dalla nascita una predisposizione alla socialità innata, che viene mediata dallo sguardo, dal sorriso, dal pianto e dall'attivazione dell'apparato visuomotorio. Vi è una ricerca attiva della stimolazione sensoriale e una manifestazione di determinate e precise inclinazioni e preferenze, che sono sostenute dai comportamenti sociali della madre. In questo periodo, le strategie di attenzione verso il mondo esterno sono più complesse a causa di significativi processi maturativi inerenti gli schemi motori, l'intelligenza sensomotoria e la stabilizzazione del quadro ormonale diurno (ritmo circadiano). 

2. Senso del Sé nucleare: (2-3 mesi) caratterizzato dalle R.I.G, ovvero le Rappresentazioni di Interazioni Generalizzate. Si tratta di rappresentazioni di una specifica interazione, generate da esperienze relazionali ripetute. Il mondo rappresentazionale del bambino viene costruito quindi a partire dalle esperienze di interazione che il bambino immagazzina nella memoria implicita che è attiva sin dalla nascita. Rappresentazioni Interne Generalizzate: memorie prototipiche che costituiscono la sintesi della storia delle interazioni con l'Altro e che includono tutti gli attributi significativi dell'esperienza soggettiva. 

All'interno di questa fase si possono distinguere altri Sé, che si vengono a creare tra il secondo e il terzo mese di vita. 

Sé agente: senso autore di azioni all'interno dell'ambiente.

Sé coeso: un'entità fisica vera e propria 

Sé affettivo: in grado di provare affetti e emozioni 

Sé storico: in grado di dare una continuità temporale alla memoria, da t0 a t1 (io continuo nel tempo) 

3. Senso del Sé soggettivo: (7-15 mesi) il bambino vive processi maturativi che gli consentono di sviluppare una "teoria della mente", ovvero la capacità di attribuire all'altro stati mentali. Intorno ai 12 mesi di vita il bambino è in grado di capire che due persone possono avere un'attenzione condivisa e che l'altro può avere uno stato affettivo simile o diverso dal proprio. Tali competenze devono fondarsi sulla possibilità che lo stato psichico proprio e altrui possa esprimersi a livello comportamentale. Qui il bambino inizia a condividere l'attenzione, le intenzioni e gli stati affettivi, creando un'unione intersoggettiva e scoprendo l'esistenza di altre menti. A nove mesi c'è una "Sintonizzazione degli affetti" tra madre e bimbo, ovvero una condivisione dello stato d'animo. 

4. Senso del Sé verbale: (15-18 mesi) si forma quando il bambino inizia a usare simboli e a oggettivizzare se stesso. Il bambino inizia quindi a sviluppare una relazione verbale per comunicare con gli altri. 

5. Senso del Sé narrativo: si esprime nella capacità del bambino di narrare la propria storia. Il principale organizzatore di questo senso del Sé è il linguaggio. Il bambino nomina gli oggetti e impara a produrre una narrazione della storia, imparando a raccontare se stesso. 


Relazione madre-bambino 

Nella psicoterapia di Stern vi sono delle peculiarità. Innanzitutto il paziente non è un individuo ma è la relazione madre-bambino. I genitori che richiedono un aiuto non si ritengono malati, ma si considerano piuttosto persone che devono affrontare un problema legato ai compiti evolutivi specifici, richiesti in un dato momento del ciclo vitale. La relazione madre-bambino è gestita secondo modalità non-verbali e pre-simboliche. 






Bibliografia 

Amadei G. Cavanna D. Zavattini G.C., Psicologia dinamica, 1999, il Mulino 

Ortu F. De coro A., Psicologia dinamica. I modelli teorici a confronto, 2010, Edizioni Laterza 

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