Anna Freud: relazione con il lavoro del padre e contributi innovativi
Anna era la sesta e ultima figlia di Freud. Si è dedicata alla psicoanalisi infantile e ai meccanismi di difesa dell'Io, che privilegiava rispetto allo studio delle pulsioni, e che trattò nel 1936 con l'opera l'Io e i meccanismi di difesa.
In Anna c'era un forte legame con le teorizzazioni del padre, infatti lei condivideva pienamente la teoria classica e gli assunti di base della metapsicologia. Anna sottolineava come ogni psicoanalista, nella pratica clinica, avrebbe dovuto sempre considerare i punti di vista dinamico, genetico, economico e topografico-strutturale.
Ma Anna dette anche contributi innovativi che ampliarono il lavoro di Freud; Anna infatti studiò i meccanismi di difesa, intendendoli come funzioni adattive dell'io. Mise inoltre molta attenzione sulla prevenzione della possibile insorgenza di psicopatologie nel bambino. Diede importanza all'osservazione diretta dei bambini, e sviluppò un modello di approccio evolutivo alla normalità e alla psicopatologia del bambino, dell'adolescente e dell'adulto.
Secondo Anna, la psicoanalisi avrebbe dovuto dare rilievo anche allo studio dell'Io oltre che dell'Es.
I meccanismi di difesa come funzioni proprie dell'Io
I meccanismi di difesa erano funzioni proprie dell'Io, il quale le utilizzava per proteggersi da istinti provenienti dall'Es percepiti come minacciosi e ingestibili, da angosce generate dal rigore eccessivo del Super-io, dalla realtà esterna e dai conflitti interni all'io che si esprimevano nelle tendenze opposte che lo caratterizzavano, come le tendenze dell'eterosessualità e dell'omosessualità, dell'attività e della passività.
Anna propose un tentativo di "cronologia" dei meccanismi di difesa, e, nella valutazione clinica della loro adeguatezza o patogenicità, Anna introdusse la dimensione evolutiva. Questo consentì ad Anna di sottolineare come alcuni meccanismi di difesa fossero del tutto normali nelle differenti età. Era sua opinione infatti, che tutte le persone avrebbero fatto uso di meccanismi di difesa, e che la patologia non sarebbe stata caratterizzata dal loro utilizzo, ma piuttosto dalla rigidità e primitività dei meccanismi che potevano essere impiegati.
I meccanismi di difesa
1. Rimozione: eliminare in modo inconscio dalla coscienza desideri, fantasie e sentimenti inaccettabili. Il principale meccanismo di formazione delle nevrosi., la tensione accumulata non scaricata sfocia infatti in una nevrosi.
2. Regressione: ritorno a modalità di comportamento o di funzionamento mentale proprie di una fase evolutiva già superata.
3. Modificazione reattiva dell'io (o formazione reattiva): Adozione di un comportamento opposto al desidero o impulso inaccettabile, una forma di odio o gelosia può trasformarsi in amicizia.
4. Isolamento dell'affetto: Separare un ricordo traumatico dall'emozione che normalmente lo accompagna
5. Annullamento retroattivo: Cancellazione del pensiero o dell'azione fatta precedentemente perché inaccettabile
6. Introiezione: forma di incorporazione dell'altro, di solito un genitore, il quale viene assimilato come parte della propria struttura psichica.
7. Identificazione: colui che è minacciato si identifica con colui che minaccia per gestire la paura
8. Proiezione: pensieri e sentimenti della propria persona vengono attribuiti a un'altra persona, tipico delle psicosi
9. Rivolgimento contro il sé: spostamento di un affetto o un atteggiamento negativo da un oggetto esterno verso il proprio sé.
10. Inversione nel contrario: trasformazione di una situazione reale spiacevole in una esattamente opposta attraverso la fantasia. Ma può anche consistere in una pulsione che viene trasformata nel suo contrario, come una pulsione aggressiva che viene trasformata nella paura di essere aggredito.
11. Sublimazione: l'io trasforma l'energia sessuale e aggressiva in motivi socialmente accettabili, così l'energia pulsionale libidica viene neutralizzata e soddisfatta.
12. Identificazione con l'aggressore: trasformazione da colui che viene minacciato a colui che minaccia, da cui avviene una riproduzione con gli altri di comportamenti appartenenti all'aggressore, assumendone l'identità.
13. "Forma di altruismo": rinuncia ai propri desideri per sostituirne la gratificazione attraverso la gratificazione di quelli di qualcun altro.
14. Ascetismo e intellettualizzazione: tipico dell'adolescenza. Adesione a regole rigide, ascetiche (diete rigide, alzarsi presto, fare docce ghiacciate...). Intellettualizzazione significa cercare spiegazioni intellettuali per evitare emozioni
15. Negazione: affrontare i conflitti emotivi esprimendo aggressività verso gli altri in modo indiretto e passivo. In questo caso un'apparente disponibilità cela invece una resistenza nascosta.
16. Limitazione dell'Io: l'Io limita la propria attività per evitare il dolore proveniente da stimoli esterni minacciosi e schiaccianti
Un'educazione di tipo psicoanalitico
Secondo Anna Freud un'educazione di tipo psicoanalitico non avrebbe potuto aiutare il bambino nello sviluppo, infatti in Normalità e patologia del bambino (1956), Anna sottolineava che l'educazione psicoanalitica non poteva prevenire nella maggior parte dei casi l'insorgenza di disarmonie interne, anche se poteva aiutare il bambino a trovare soluzioni adeguate ai conflitti psichici.
Nell'affrontare le problematiche dello sviluppo secondo Anna Freud, l'analista doveva considerare più fattori, tra cui i bisogni specifici che il bambino esprimeva nella diverse fasi dello sviluppo, e il modo in cui questi bisogni venivano o non venivano accolti o compresi nell'ambiente esterno. Doveva inoltre prendere in considerazione anche la qualità della relazione tra bambino e genitori, e l'eventuale presenza di disabilità, malattie o traumi fisici che avrebbero potuto interferire con lo sviluppo del bambino.
L'osservazione diretta dei bambini
La psicoanalisi si presentava come una teoria psicopatologica che riconduceva le origini dei disturbi all'infanzia dell'individuo. I limiti delle teorie psicoanalitiche dello sviluppo infantile risiedevano fondamentalmente nell'ottica "ricostruttiva" che assumeva la psicoanalisi, ovvero la ricostruzione della mente del bambino a partire dai sintomi dell'adulto.
Anna Freud ebbe invece l'atteggiamento di una ricercatrice, in quanto annotava tutte le osservazioni fatte sul comportamento del bambino, in particolare nelle nurseries londinesi durante la guerra, dove poté osservare il comportamento dei bambini con le loro madri e quelli di bambini "senza famiglia".
Questo approccio terapeutico consentì alla Freud di studiare l'importanza del ruolo dei genitori nel facilitare o contrastare l'equilibrio fra le pulsioni dell'Es e lo sviluppo delle strutture dell'Io e del Super-io, le quali risultavano fondamentali per il formarsi di un adulto sano e soddisfatto.
I genitori dovevano quindi comprendere i bisogni sessuali e aggressivi dei bambini come espressioni naturali del funzionamento del bambino. Dovevano però allo stesso tempo, accompagnare ad una amorevole comprensione, un altrettanto importante limitazione e frustrazione dell'irrequietezza delle pretese dell'Es nella prima infanzia.
Le funzioni regolative dell'Io
La formazione dell'Io veniva considerata il processo di nascita del nucleo della personalità che rappresentava il "noi stessi", e che si sarebbe formato da diversi elementi derivanti da coloro che l'individuo aveva amato da bambino.
L'io aveva funzioni di regolazione della vita psichica, che secondo Anna Freud si declinavano attraverso due processi:
Processo primario: conduceva i processi cognitivi a non assecondare indiscriminatamente i bisogni pulsionali
Processo secondario: riconosceva e valutava la realtà esterna attraverso il pensiero cosciente, logico e razionale, interponendo il pensiero cosciente fra desiderio e azioni.
Il processo evolutivo
Anna Freud ha fornito una teoria generale dello sviluppo utilizzando la metafora delle linee evolutive, le quali mettevano in risalto la continuità e il carattere cumulativo dello sviluppo infantile.
Il processo evolutivo attraverso il quale si formava la personalità era basato sull'interazione di tre componenti, la dotazione naturale innata e biologicamente determinata, l'ambiente di accudimento del bambino, e il grado di strutturazione e maturazione raggiunto all'interno della personalità. Questo è decisamente diverso dal pensiero di Freud che non considerava i fattori esterni alla persona.
Lo scopo delle linee evolutive messe a punto da Anna Freud era quello di esplorare particolari sequenze dello sviluppo pulsionale e strutturale.
Il comportamento osservabile era un indicatore dello sviluppo psichico necessario per il raggiungimento di ogni fase appartenente ad ogni linea evolutiva. Ogni fase evolutiva era infatti costituita da fasi.
Le linee evolutive considerate da Anna Freud permettevano di stilare il profilo metapsicologico del bambino. Non si trattò di una semplice raccolta anamnestica, bensì di una descrizione dettagliata del funzionamento mentale del bambino, che venne formulata considerando:
- I processi di adattamento alla realtà interna ed esterna, considerando i successi e i fallimenti
- Il modo in cui sta procedendo lo sviluppo in relazione all’età del bambino
- Il livello di strutturazione interna del bambino, quanto è autonomo o quanto è ancora bisognoso degli apporti esterni
Viene generalmente redatto dopo la prima consultazione e alla fine del trattamento, nei casi di trattamenti intensivi, anche durante la terapia
Le linee evolutive sono:
- dall'indipendenza emotiva all'autonomia adulta
- dall'egocentrismo alla socievolezza
- dalla dipendenza fisica all'indipendenza
- dal gioco auto-erotico col corpo al gioco con gli oggetti fino al gioco al lavoro
Durante lo sviluppo i sintomi non erano necessariamente patologici, ma potevano rappresentare la risposta adattiva del bambino allo stress derivante da una una specifica fase evolutiva. In questo senso ciò che andava considerato era la capacità del bambino di progredire lungo le sequenze evolutive e la sua posizione lungo la scala evolutiva.
Secondo Anna Freud lo sviluppo del bambino sarebbe avvenuto secondo diverse linee evolutive, ciascuna delle quali doveva essere valutata osservando i diversi livelli di maturità che un bambino avrebbe potuto mostrare nelle diverse aree del suo funzionamento mentale e sociale.
Durante lo sviluppo il bambino avrebbe potuto mostrare le cosiddette regressioni, ovvero arresti di competenze che il bambino aveva in precedenza acquisito. Le regressioni dovevano essere accettate dai genitori, perché esse non erano necessariamente patologiche, e per comprenderle occorreva considerare tutta una serie di aspetti che avrebbero permesso di prevedere le probabilità di una ripresa spontanea o di una reazione al trattamento.
La regressione poteva avvenire in tutte e tre le istanze della struttura della personalità, e poteva riguardare sia i contenuti psichici che i metodi di funzionamento.
Anna Freud distinse diversi tipi di regressione:
Regressioni temporali: collegate a punti di fissazione a fasi evolutive precedenti; essa riguarda le pulsioni dirette ad uno scopo.
Regressioni topiche e formali: riguardano le funzioni dell'Io,
Regressioni dell’Io e del Super-Io: del tutto normali ed attese durante lo sviluppo, il bambino può infatti regredire in tutte le funzioni dalla motricità, all’esame di realtà, alla tolleranza della frustrazione, o all’uso delle buone maniere. Queste regressioni sono processi normali che hanno origine nella flessibilità presente nell'individuo immaturo. Esse sono al servizio dell'adattamento e delle difese, e aiutano a mantenere lo stato di normalità. Questo però riguarda solo i casi in cui il processo di regressione è temporaneo e spontaneamente reversibile. Quando invece le regressioni divengono permanenti, le energie pulsionali rimangono deviate dalle mete adatte all'età, e le funzioni dell'Io e del Super-io restano menomate e possono danneggiare in modo grave ogni successivo sviluppo progressivo.
Regressioni temporanee del processo secondario nello stato di veglia: definite dal ricorso alle fantasie, come il sognare ad occhi aperti
Regressioni dell’Io dovute allo stress: tipicamente osservate durante le malattie o in risposta a richieste troppo pressanti dall’esterno, come nell’ambito scolastico
Bibliografia
Amadei G. Cavanna D. Zavattini G.C., Psicologia dinamica, 1999, il Mulino
Ortu F. De coro A., Psicologia dinamica. I modelli teorici a confronto, 2010, Edizioni Laterza
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