Gli psicologi dell'Io

La psicologia dell'IO

La psicologia dell'Io è una branca della psicoanalisi che iniziò ad essere approfondita da Anna Freud e dalla scuola inglese di psicoanalisi, per poi svilupparsi negli Stati Uniti negli anni '30. I maggiori esponenti di questa corrente furono Anna Freud, Heinz Hartmann, David Repaport e Margaret Malher. Questa corrente attribuiva sempre più importanza e autonomia all'Io, rivolgendo l'interesse verso le funzioni di adattamento all'ambiente

Heinz Hartmann 

Hartmann sottolineò la necessità per la psicoanalisi di recuperare lo studio della normalità oltre quello della patologia, e il suo lavoro ha tratto spunto dalla teoria dell'evoluzione della specie di Darwin. Era sua opinione che così come tutti gli organismi sono progettati per adattarsi al loro ambiente fisico, questo doveva valere non solo per il Sé fisico ma anche per il Sé psicologico. L'ambiente naturale doveva quindi essere adatto all'esistenza psicologica degli esseri umani. Il concetto di adattamento si trova in tutta la sua elaborazione teorica, e lo ritroviamo sia in relazione allo sviluppo psichico, che agli scopi e ai metodi dell'intervento clinico, il quale mirava secondo Hartmann ad una rielaborazione delle sintesi deficitarie realizzate dall'Io durante il suo adattamento progressivo ed evolutivo. 

Il suo lavoro può essere suddiviso in tre ambiti principali: 

1. lavori di natura principalmente clinica prodotti fra il 1922 e il 1935 

2. lavori sulle problematiche teoriche e metodologiche della psicoanalisi

3. lavori sulla psicologia dell'Io e il problema dell'adattamento 

Hartmann postulò l'esistenza di una parziale indipendenza nell'Io rispetto alle esigenze dell'Es. 

Questo Io era in relazione con la realtà esterna, una relazione che rappresentava una fonte indipendente di gratificazione per l'individuo. 

A differenza di Freud, Hartmann vide il bambino come detentore di potenzialità dell'Io sin dalla nascita, potenzialità che definì come "capacità dell'io libere da conflitti", come il linguaggio, la percezione, la memoria, la comprensione dell'oggetto, il pensiero. Queste potenzialità emergevano naturalmente all'interno di ambienti di accudimento ricettivi e adeguati. 

Il bambino nasceva con una capacità innata di adattamento a un ambiente di prevedibilità media. Le funzioni adattive dell'Io erano plastiche e si esprimevano attraverso diverse modalità: 

- modalità autoplastiche: cambiamenti individuali con lo scopo di adattarsi alle esigenze ambientali 

- modalità alloplastiche: cambiamenti messi in atto sull'ambiente con l'obiettivo di renderlo più affine alle esigenze personali 

- modalità di ricerca di un ambiente più favorevole 

Un limite al modello di Hartmann è rappresentato dalla scarsa considerazione che venne data al ruolo dell'ambiente familiare sullo sviluppo del bambino. 


René A. Spitz 

I principali contributi di Spitz risiedono nell'aver collaborato allo sviluppo di una psicoanalisi evolutiva, focalizzandosi sulle funzioni dell'Io che consentono al bambino di acquisire consapevolezza della figura materna, nell'aver sottolineato l'importanza delle cure materne e le conseguenze della loro mancanza sulla sopravvivenza mentale e fisica del bambino, e nell'aver concepito il metodo sperimentale dell'osservazione dello sviluppo infantile per la costruzione di ipotesi psicoanalitiche. 

Il metodo dell'osservazione dello sviluppo infantile permise a René Spitz di studiare i bambini ospiti degli orfanotrofi. Qui Spitz si rese conto che a questi bambini veniva dato accudimento solo per il soddisfacimento dei bisogni fisiologici primari, quindi igienici e nutritivi. Questi bambini passavano la maggior parte del loro tempo da soli! 

Non avevano interazioni affettuose continuative e non avevano la possibilità di stabilire un rapporto preferenziale con una figura significativa. Gli effetti di questa deprivazione si manifestavano poi in una condizione patologica, definita da Hartmann come ospitalismo e caratterizzata da ritardi di sviluppo in tutte le aree di funzionamento del bambino. 

René Spitz comprese dunque che per la sopravvivenza è essenziale che l'equipaggiamento innato del neonato sia sostenuto dall'interazione e dalla relazione con la madre, perché solo una relazione reciproca può fornire il fattore esperenziale nello sviluppo del bambino, il quale consiste in uno scambio circolare, nel quale l'affetto gioca il ruolo più importante. 

Spitz fu uno dei primi studiosi ad applicare allo studio della prima infanzia i metodi della ricerca sul campo, da cui comprese l'importanza della relazione tra la madre e il bambino, in quanto la madre rappresenta uno stimolo di crescita essenziale per il bambino mentre questo si sta ancora formando una coscienza di sé. 

Oltre all'ospitalismo, René individuò un fenomeno che definì depressone anaclitica, che consisteva nella perdita del rapporto con la madre dopo alcuni mesi di vita, come in caso di morte della stessa. 

René Spitz, come anche John Bowlby, psicoanalista che studiò attentamente il rapporto tra madre e bambino e il processo di attaccamento, si distaccò dalla convinzione che la depressione fosse un fenomeno esclusivamente adulto, concludendo che anche i bambini sin da molto piccoli potevano essere depressi.  Questa depressione si presentava secondo dei sintomi ben precisi: 

- Perdita della capacità di esprimersi attraverso i gesti

- Assenza di sorriso 

- Anoressia o inappetenza 

- Difficoltà a dormire 

- Dimagrimento 

- Ritardo psicomotorio 






Bibliografia  

2014, Bollati Boringhieri Amadei G. Cavanna D. Zavattini G.C., Psicologia dinamica, 1999, il Mulino 

Ortu F. De coro A., Psicologia dinamica. I modelli teorici a confronto, 2010, Edizioni Laterza 

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