Otto Kernberg rappresentò una figura di spicco nel panorama psicoanalitico per le sue riflessioni e i suoi studi riguardanti la diagnosi e la terapia dei pazienti borderline. Lo studioso si pone all'interno del filone concettuale che egli stesso ha definito "Psicologia dell'Io-Relazioni oggettuali". Si tratta per cui di un tentativo di integrazione delle teorie proposte dalla Jacobson e dalla Mahler, con elementi della teoria kleniana e provenienti dalla scuola inglese delle relazioni oggettuali.
Otto Kernberg, ponendosi in linea con la Jacobson, mise le osservazioni cliniche di pazienti con gravi disturbi della personalità, alla base delle sue riflessioni. Per inquadrare le origini dei disturbi di personalità all'interno di un modello evolutivo, vide l'esigenza di costruire nuove concettualizzazioni. Il modello evolutivo, pur facendo riferimento al modello pulsionale freudiano, non aderiva completamente alla metapsicologia, ma cercava un'integrazione con i concetti emergenti nella psicologia delle relazioni oggettuali.
In linea con la tradizione freudiana e kleniana, descrisse una sequenza di livelli di organizzazione cui corrispondevano diverse organizzazioni della patologia mentale.
Kernberg ritenne che le singole tappe evolutive non costituissero di per sé delle condizioni psicopatologiche dalle quali bisognava uscire per giungere alla normalità. Il bambino non si sarebbe trovato immerso naturalmente in uno stato psicopatologico, in quanto lo sviluppo infantile avrebbe portato, in condizioni normali, alla piena realizzazione delle potenzialità adattive dell'individuo.
La patologia era un esito evolutivo deviante che si verificava solo quando il bambino non riusciva a superare determinati compiti di sviluppo, a causa di fattori costituzionali o di condizioni ambientali traumatiche.
Organizzazione di personalità borderline
Kernberg utilizzò il concetto di organizzazione di personalità borderline per definire determinati pazienti che:
- Si collocano in un'area limite tra psicosi e nevrosi
- manifestano un'organizzazione patologica specifica e stabile della personalità
Secondo Kernberg il termine Borderline (caso al limite) sarebbe stato opportuno per i pazienti che presentavano un'organizzazione caratteriologica cronica, né nevrotica né psicotica, con alcuni aspetti specifici:
1. tipiche costellazioni sintomatiche
2. tipica costellazione di meccanismi di difesa dell'Io
3. tipica patologia di relazioni oggettuali interiorizzate
4. particolari tratti genetico-dinamici
Il profilo di personalità derivante dal mancato superamento del compito evolutivo dell'integrazione affettiva era proprio la personalità Borderline, che presentava:
a. manifestazioni non specifiche di debolezza dell'Io: pazienti incapaci di posticipare la scarica pulsionale. Incapacità di modulare gli affetti per una debolezza intrinseca e aspecifica all'Io.
b. spostamento verso il pensiero primario: pazienti che utilizzano un pensiero scarsamente strutturato e simil-psicotico
c. uso di meccanismi di difesa primitivi: scissione, identificazione proiettiva, diniego, idealizzazione e svalutazione di sé e dell'oggetto
d. patologia delle relazioni oggettuali interiorizzate: all'interno dell'Io permangono introiezioni completamente separate.
Il disturbo borderline si caratterizza inoltre per:
- angoscia diffusa e cronica
- nevrosi polisintomatica: fobie multiple, sintomi ossessivo-compulsivi, sintomi di conversione, reazioni dissociative, come fuga o amnesia dissociativa, ipocondria
- tendenze sessuali perverse polimorfe
- strutture della personalità pre-psicotica: personalità paranoide, personalità schizoide, personalità ipomaniacale e ciclotimica
- nevrosi impulsiva e tossicomania
Disturbo narcisistico
Kernberg studiò inoltre il disturbo narcisistico:
- rappresenta un disturbo profondo dell'autostima dell'individuo, definito da compromissioni (di livello variabile) delle relazioni con gli altri
- alcuni di questi pazienti possono mostrare un livello di funzionamento sociale adeguato
- altri pazienti, invece, utilizzano meccanismi difensivi molto simili a quelli utilizzati dai pazienti borderline
- ciò che differenzia la personalità narcisista da quella borderline sta nella maggiore alterazione delle rappresentazioni di sé, nella maggiore fragilità dell'Io (nel tollerare la frustrazione e l'ansia, e controllare l'impulsività).
I compiti evolutivi del bambino
1. Differenziazione tra Sé e l'altro
Kernberg ritenne che il compito evolutivo primario del bambino durante il primo anno, fosse quello di differenziare il Sé dall'oggetto altro.
Contrariamente alla Jacobson, e il linea con la Mahler, Kernberg rifiutò l'idea che il superamento di tale compito fosse strettamente intrecciato alle vicissitudini della scarica pulsionale aggressiva.
Il mancato superamento di tale compito evolutivo, induceva nel bambino un'organizzazione di personalità di tipo psicotico.
Nella personalità di tipo psicotico non c'era una chiara distinzione tra il Sé e l'altro, ed era presente un'impossibilità a stabilire un esame di realtà. C'era quindi confusione tra i contenuti della mente, come le emozioni, gli impulsi, le fantasie, le emozioni, e gli stimoli esterni, così come si verificava per le allucinazioni o per i deliri dello schizofrenico.
2. L'integrazione affettiva
Kernberg descrisse l'integrazione tra la polarità aggressiva e libidica dell'esperienza affettiva e le rappresentazioni di Sé e dell'altro connesse a tali polarità.
Il problema dell'integrazione dell'ambivalenza si sarebbe concentrato nella fase del riavvicinamento. In questa fase, il bambino, dopo aver consolidato la distinzione tra Sé e l'altro e sperimentato la propria autonomia, avrebbe vissuto frustrazioni e avrebbe dovuto di nuovo fare riferimento alla madre per soddisfare i propri bisogni.
Il bambino avrebbe potuto quindi sperimentare la propria frustrazione con un senso di impotenza e vulnerabilità, derivante dalla sensazione di aver perso le conquiste narcisistiche da poco raggiunte.
La condizione di forte esposizione narcisistica diventa patologica in presenza di un temperamento del bambino particolarmente irritabile e inconsolabile o in presenza di forti traumi ambientali.
In questi casi, il bambino sperimenta una sproporzionata reazione aggressiva alla frustrazione narcisistica che lo induce a rifiutare l'esperienza di dipendenza perché sinonimo di vulnerabilità e limitazione della propria spinta verso l'autonomia.
Allo stesso tempo, il bambino teme che la rabbia che prova in relazione alla dipendenza, lo privi del sostegno dell'oggetto di cui ha bisogno per il proprio equilibrio narcisistico.
Per difendersi da questo timore, il bambino costruisce delle rappresentazioni che consentono di mantenere scissi gli aspetti libidici da quelli aggressivi dell'esperienza di sé e dell'oggetto e di negare i sentimenti di dipendenza e vulnerabilità.
Le persone che non hanno superato il compito evolutivo dell'integrazione affettiva ricorreranno a una serie di strategie difensive finalizzate a restaurare il senso di potenza narcisistica e controllare la distruttività derivante dalle frustrazioni.
Questa modalità di funzionamento è contraddistinta dall'uso di difese primitive (descritte dalla Klein) che, oltre alla scissione, includono: l'identificazione proiettiva, il diniego, l'idealizzazione e la svalutazione di sé e dell'oggetto.
L'uso frequente delle difese primitive determina una modalità di funzionamento caratterizzata da passaggi bruschi nelle rappresentazioni di Sé e dell'altro che non sembrano derivare da valutazioni di interazioni reali, ma da investimenti affettivi (negativi o positivi) scarsamente modulati e integrati.
Le interazioni vengono quindi vissute attraverso rappresentazioni scisse (ora idealizzate, ora fortemente svalutate) che vengono proiettate su di Sé e sugli altri.
Il permanere di difese primitive porta alla strutturazione di un Super-Io e di un Ideale dell'Io arcaici, che sottopongono l'Io a richieste di ideali impossibili da raggiungere o che prefigurano di fronte al fallimento punizioni e persecuzioni spaventose.
Tali aspetti indeboliscono il senso di identità personale, che risulta disperso tra esperienze polarizzate e inconciliabili.
Il senso di vulnerabilità narcisistica viene rimpiazzato dall'espansione onnipotente. La dipendenza umiliante viene trasformata in disprezzo per l'altro. La rabbia viene controllata dal tentativo di perseguire un Ideale di bontà assoluto. La ricerca spasmodica di piacere all'altro viene domata dal sentimento persecutorio di essere abominevole, diabolico o folle.
La diffusione di identità
Deriva da tale mondo rappresentazionale scisso e polarizzato ed è caratterizzata dall'assenza di un nucleo identitario, che (in condizioni normali) deriva dall'integrazione armonica delle diverse sfumature affettive, consentendo all'individuo di osservarsi dall'esterno in modo autoriflessivo.
L'individuo sperimenta le singole modalità scisse della propria esperienza affettiva come parti totalizzanti di Sé e dell'altro, non avendo consapevolezza degli altri (ed opposti) aspetti della propria identità.
L'esperienza attuale diventa allora l'unica reale.
Non si ha la possibilità di riflettere sulle ragioni che hanno portato a quello specifico stato d'animo su sé o sull'altro, e vi è quindi un'assenza di autoriflessività.
La scarsa tolleranza alla frustrazione, il ricorso a difese primitive e le forti oscillazioni affettive non consentono di organizzare il comportamento, modulare gli affetti e controllare gli impulsi, favorendo l'emergere di gravi manifestazioni impulsive (agiti).
Tali manifestazioni comportamentali sono caratterizzate da una forte valenza aggressiva verso l'altro o verso il Sé (come nel caso delle condotte di automutilazione o suicidarie).
Bibliografia
Amadei G. Cavanna D. Zavattini G.C., Psicologia dinamica, 1999, il Mulino
Ortu F. De coro A., Psicologia dinamica. I modelli teorici a confronto, 2010, Edizioni Laterza
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