Wilfred R. Bion fu uno dei maggiori studiosi della teoria Kleiniana, con la quale però ebbe più elementi di discontinuità che di continuità!
A Bion si deve la distinzione tra la forma normale e quella patologica di identificazione proiettiva.
Forma patologica: il processo si attua sotto il comando dell'odio e della distruttività, e fondamentalmente coincide con la visione della Klein.
Forma normale: le parti del Sé che vengono proiettate nell'altro servono per comunicare uno stato emotivo facendolo sperimentare dall'altro. Si tratta di una forma di comunicazione su cui si regge il rapporto madre-bambino, rapporto contenuto-contenitore. Il bambino proietta sulla madre stati affettivi che non riesce a controllare in quanto immaturo, e la madre a sua volta li gestisce al posto del bambino per poi restituirglieli in modo più elaborato. In sostanza, l'identificazione proiettiva diventa un tentativo di comunicazione, mettendo da parte il controllo.
Bion elaborò una teoria su come la mente apprende e costruisce significati partendo da un'esperienza puramente sensoriale e cinestesica.
L'esperienza si origina dai cosiddetti elementi beta, ovvero dati sensoriali, quindi sensazioni ed emozioni del bambino, le quali non hanno ancora acquisito un significato mentale. Gli elementi beta sono poi proiettati nel contenitore, la madre, la quale mette in atto la così definita funzione alfa, costituita dagli elementi alfa. La funzione alfa viene anche detta reverie, termine utilizzato per identificare lo stato mentale materno di cui necessita il bambino, e corrispondente alla capacità della madre di adempiere alla funzione di contenitore delle proiezioni anche violente del bambino per poi trasformarle in elementi accettabili. A seconda di come si sviluppa questo rapporto possono determinarsi diverse forme di psicopatologia!
A Bion si deve inoltre il contributo fornito alla nascita dell'analisi dei gruppi. In particolare, all'interno del lavoro analitico, Bion pensò al gruppo come a un'unità, e questo gli permise di analizzare il transfert gruppale nei confronti del terapeuta, espresso dal gruppo attraverso modi particolari di formare la propria cultura, la quale riflette le credenze inconsce condivise dai singoli membri in quello specifico momento del processo analitico.
Partecipando ad un dato gruppo, l'individuo perde una certa parte di sé, la quale viene ceduta al gruppo! Proprio da questo fenomeno può determinarsi l'angoscia paranoica e persecutoria tipica della posizione schizoparanoide.
Il gruppo avverte inconsciamente come pericoloso ogni tipo di cambiamento e conseguentemente cerca con forza di contrastarlo, con l'attivazione di tre dinamiche universali, gli assunti di base:
- Gruppo in assunto di base di dipendenza: prevale nel gruppo l'aspettativa inconscia secondo cui tutto il benessere del gruppo stesso derivi solamente dalla figura del leader, aspettandosi da lui una soluzione magica che si occupi di tutti i bisogni e che liberi il resto del gruppo dalla responsabilità di pensare.
- Gruppo in assunto di base attacco-fuga: prevale nel gruppo la convinzione irrazionale dell'esistenza di un nemico da cui deve difendersi per mezzo dell'attacco o della fuga. Qualsiasi soluzione che non si basi su queste due azioni non è vissuta come realizzabile.
- Gruppo in assunto di base accoppiamento: prevale nel gruppo la convinzione inconscia di una speranza di tipo "messianico", con cui si vuole intendere l'arrivo di un evento o di un'idea all'interno del gruppo, che rappresenti la soluzione a tutti i bisogni. Questo tipo di assunto pone tutti i membri in uno stato di attesa passiva.
Wilfred R. Bion sviluppò l'impostazione di Melanie Klein in autonomia, introducendo modifiche alla luce di una prospettiva epistemologica che ricolloca la centralità dell'interesse psicoanalitico sul funzionamento della mente.
Bion fu inoltre incaricato dall'esercito inglese durante la seconda guerra mondiale di occuparsi di soldati affetti da nevrosi di guerra, e fu con questi soldati che egli poté sperimentare terapie di gruppo, che poi in seguito applicò anche alle terapie con i civili. La sua teoria sui gruppi venne esposta nell'opera intitolata Esperienze nei gruppi (1961).
Bion applicò ai gruppi il metodo assolutamente non direttivo, tipico delle sedute analitiche e quindi caratterizzato dai lunghi silenzi dell'analista. L'analista si rapportava al gruppo come se questo fosse un soggetto unico e non una somma di individui, ognuno con i suoi particolari problemi.
Questo approccio consentì a Bion di individuare alcune dinamiche gruppali, caratterizzate da stati emotivi o atmosfere collettive, che definì "mentalità di gruppo" o anche "cultura di gruppo".
Secondo Bion gli individui si riuniscono in gruppo per perseguire un obiettivo, ad esempio in un gruppo terapeutico l'obiettivo è quello di comprendere le tensioni, le emozioni e i sentimenti che nascono quando più individui si riuniscono a formare un gruppo.
L'attività mentale che si attiva nel realizzare un compito insieme è stata definita da Bion come "gruppo di lavoro", un termine che non si riferisce all'insieme di persone che collaborano al compito, ma all'attività mentale in cui le persone si cimentano.
Che cosa fa il gruppo di lavoro?
Il gruppo di lavoro osserva i processi del gruppo stesso in modo "scientifico", analizzando quindi i sentimenti che lo attraversano, per riuscire a verbalizzarli e anche a contenerli, così da non scaricarli nelle interazioni.
Gli assunti di base
Dagli "assunti di base" attivi in un particolare momento emerge il leader del gruppo, rappresentato nella persona che, con la propria struttura psicologica e personalità, riesce a cogliere e a far esprimere la "cultura di gruppo". Il terapeuta interviene interpretando lo stato emotivo del gruppo.
Il termine "assunto di base" è caratterizzato dall'azione che viene esercitata sul gruppo da emozioni intense, primitive e caotiche, che vanno ad interferire con la finalità del gruppo di lavoro, e che determinano la cultura del gruppo, l'organizzazione.
Gli assunti di base sono il più delle volte un ostacolo al lavoro di gruppo, perché danno luogo a fasi dominate dall'emozione e dalla mancanza di senso critico.
Il sistema proto-mentale
Bion propose la definizione di sistema proto-mentale per descrivere l'aspetto transindividuale delle emozioni che caratterizza il sentire gruppale.
Proto-mentale: rappresenta un'area tra mente e corpo, che è sede delle emozioni caotiche non distinte le une dalle altre, né organizzate in sistemi coerenti. Proprio il carattere confusivo dell'emozione caratterizza il proto-mentale, e questo spiega anche il carattere collettivo delle emozioni, le quali si propagano all'istante tra i membri del gruppo, senza passare per una mediazione della singola coscienza.
Gli individui nel gruppo in "assunto di base" agiscono quindi all'unisono, come se fossero un unico organismo. Lo stesso dopotutto accade in un branco di animali o anche all'interno dei fenomeni di massa umani.
Ogni individuo presenta una disposizione costitutiva e innata ad essere una cosa sola con il gruppo. Questa predisposizione alla gruppalità, precede lo sviluppo dell'individuazione personale, e riemerge all'interno di situazioni di gruppo reale, come il gruppo in "assunto di base".
La spinta che viene dal proto-mentale può costituire un potente incentivo per l'evoluzione degli assunti di base verso il lavoro di gruppo specializzato, e quindi verso forme di lavoro di gruppo socialmente funzionali.
Bibliografia
2014, Bollati Boringhieri Amadei G. Cavanna D. Zavattini G.C., Psicologia dinamica, 1999, il Mulino
Ortu F. De coro A., Psicologia dinamica. I modelli teorici a confronto, 2010, Edizioni Laterza
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