Alfred Adler
Alfred Adler (1870-1937) è stato uno psicologo, psicoanalista e psicoterapeuta austriaco.
Inizialmente partecipe della Società Internazionale di Psicoanalisi, si oppose presto al pensiero di Freud e diede vita ad una nuova corrente psicologica che vedeva l’uomo come un essere sociale inserito in una società, le cui problematiche potevano essere quindi legate alle relazioni con il mondo esterno.
Freud aveva
ipotizzato un inconscio personale, Jung un inconscio collettivo, mentre Adler si
focalizzò sulla relazione dell’individuo con la società.
Qualche parola sulla vita di Adler
Adler soffriva di rachitismo e aveva quattro fratelli e due sorelle più grandi di lui, quindi aveva vissuto sempre il confronto con questi fratelli maggiori. Inoltre Adler fu scioccato dal fatto che l'unico fratellino più piccolo morì di polmonite, mentre lui si salvò. Questi avvenimenti della vita di Adler sono importanti nella comprensione del suo pensiero, che si basò soprattutto sull'analisi del cosiddetto senso di inferiorità.
La madre si
dedicava ai figli e il padre era un piccolo commerciante di cereali. Quando il
padre ebbe un tracollo finanziario la famiglia Adler si trasferì di casa in
casa, per cui il fratello maggiore che era un imprenditore quindi aiutò la famiglia a
riprendersi. Il rachitismo di Adler e la morte del fratellino minore lo
portarono comunque a iscriversi alla facoltà di Medicina. Questo trasferimento di casa in casa iniziò a far emergere in lui l'idea che fosse l'ambiente a formare la psiche.
Adler si laureò in medicina specializzandosi in oftalmologia, ma poi sviluppò maggiormente gli studi di medicina interna. Mentre frequentava l'università Adler andava nei caffè viennesi a portare la sua teoria, il suo pensiero, e si appassionò al Marxismo e al Socialismo. In questo ambiente incontrò una praticante socialista, una ragazza ebrea di origine russa, che era completamente all’avanguardia e di cui si innamorò. Si sposò con questa donna ed ebbe quattro figli, due dei quali divennero analisti e portarono avanti il pensiero del padre.
Iniziò a fare il medico per la piccola borghesia, quindi non faceva parte dell’alta borghesia come era invece per Freud o per Jung, ed era quindi molto attento alle condizioni sociali e alle problematiche legate al mondo del lavoro. In particolare si interessò al mondo degli operai, infatti nel 1998 scrisse un saggio sulle condizioni igienico sanitarie dei sarti, collegando alcune malattie di questi operai con la vita che facevano. Si dedicò inoltre a studi sociologici e consigliò a livello sociale l’abolizione del cottimo e la costruzione di case con condizioni migliori.
Il rapporto con la psicoanalisi di Freud
Iniziò poi
ad appassionarsi di psicoanalisi, nel 1902 contattò Freud e i due si
incontrarono nell’associazione dei medici viennesi, così Freud lo invitò nel suo gruppo del mercoledì. Adler diventò poi il presidente della società viennese di
psicologia e della prima società di psicoanalisi che Freud fondò. Però la
visione di Adler era diversa da quella di Freud sin dall’inizio, perché il primo tendeva a far risalire tutti i disturbi della personalità a dei complessi nei
primi anni di vita, mentre il secondo vedeva come tutto lo sviluppo dell’uomo e dei suoi complessi nascesse dalla relazione dell’individuo con la società, una relazione che doveva essere positiva, per far
sì che l’individuo avesse una sua forza interiore e potesse andare avanti nella propria vita.
In effetti Adler parlava di complesso di inferiorità. L’uomo si sarebbe sentito bloccato dai suoi limiti che potevano nascere da condizioni fisiche peggiori o dal confronto con figure più importanti di lui, quindi cominciò a teorizzare lo sviluppo e i complessi dell’uomo in relazione alla sua affermazione o meno nel mondo sociale.
Nel 1904
Adler si convertì al protestantesimo, quindi iniziò anche a contestare la
religione ebraica perché sentiva il bisogno di passare da una religione ristretta ad
una più universale. Si faceva sempre più forte in lui il concetto di Dio come sentimento
sociale, mentre la religione con i suoi dogmi e le proibizioni limitava secondo Adler la
libertà di pensiero dell’essere umano. Nel protestantesimo trovò questa libertà
di pensiero e vi si convertì.
Nel 1911 dopo una riunione in cui litigò con Freud, uscì dall'associazione di psicoanalisi e si portò con sé altri sei medici. Fondò una sua associazione che inizialmente chiamò società per la libera psicoanalisi, ma tutti gli psicoanalisti freudiani gli dissero di cambiare nome perché non poteva riutilizzare il termine Psicoanalisi, e quindi Adler lo modificò come psicologia individuale.
Adler escludeva l'idea che la nevrosi fosse legata a un substrato organico e ad una predisposizione organica, ma piuttosto credeva che la psicopatologia fosse determinata dall'atteggiamento che una persona adottava davanti alla logica inflessibile della vita sociale. In particolare Adler osservava come essa trovasse la sua origine in un senso di inferiorità, le cui radici sarebbero risalite ad un'infanzia difficile e penosa. Questo senso di inferiorità nasceva cioè durante il confronto del bambino con gli altri membri della famiglia, genitori, fratelli e sorelle e con il gruppo dei pari. L'inadeguatezza soggettiva poteva quindi determinare un mancato adattamento all'ambiente.
La nevrosi inoltre era secondo Adler volta ad un fine, che consisteva fondamentalmente nella ricerca da parte del nevrotico di una meta importante che rendesse la vita sopportabile. Il nevrotico cercava di raggiungere il proprio fine sulla base di criteri errati ma comunque efficaci sul piano motivazionale. Quindi la sofferenza derivava da un sentimento di inferiorità, e la nevrosi e la psicosi rappresentavano tentativi di compensazione.
Questo carattere nevrotico si manifestava con una serie di routine immutabili che avevano lo scopo di difendere la persona dal prendere consapevolezza della realtà e mantenerla invece concentrata sulle proprie funzioni.
Secondo Adler sarebbe stato terapeutico riuscire a far comprendere al paziente proprio il significato di queste routine.
La dottrina psicologica di Adler era quindi incentrata sul rispetto dell'individuo unico e irripetibile e sul rapporto dell'individuo con la società, rapporto da cui dipendeva la salute psichica dell'individuo stesso.
L'opera Il temperamento nervoso, del 1912 rappresenta un vero e proprio manifesto della dottrina adleriana. In questo lavoro Adler escludeva in modo definitivo che la nevrosi potesse essere legata a un "sostrato organico" e ad una "predisposizione organica".
Il senso di inferiorità poteva essere sì legato alla debolezza di un particolare organo, ma gli effetti di questa debolezza venivano considerati sul piano della vita psichica nel confronto che il bambino compiva tra sé, gli altri membri della famiglia e il gruppo dei pari.
Rispetto al Freud, Adler escludeva che la libido sessuale fosse all'origine delle nevrosi, e negava il ruolo del carattere incestuoso dei desideri infantili. Il fattore motivazionale principale della nevrosi era invece la "volontà di potenza", che aveva come fine un'esaltazione del sentimento della personalità.
Commenti
Posta un commento