Il Cristianesimo
Tra medioevo e rinascimento, il Cristianesimo ha influenzato la cultura generale e lo sviluppo delle idee sulla sofferenza mentale.
Il Cristianesimo monopolizzò a lungo in Occidente la cura
delle anime, focalizzando l’attenzione sulla vita eterna piuttosto che su
quella terrena. Anche la cura dei corpi fu un ambito strettamente religioso,
infatti la medicina veniva praticata proprio all’interno dei monasteri. I primi
poli medici laici iniziarono ad avere importanza dopo il Concilio di Clermont e
il Concilio Laterano (nel XII secolo), i quali imposero una serie di
restrizioni alla pratica medica da parte dei monaci, come il divieto di
lasciare il monastero per curare i pazienti.
La possessione diabolica fu un tema ricorrente nella
concezione medievale della psicopatologia. Questa veniva spesso utilizzata come
spiegazione sia delle malattie mentali che di quelle fisiche. Quindi le pratiche di esorcismo entrarono a
far parte sia delle cure per le malattie mentale che per quelle fisiche. Alcuni
padri della chiesa arrivarono ad affermare che la medicina spirituale era l’unica
medicina legittima, infatti la recitazione di preghiere e formule accompagnava
sempre eventuali altre forme di cura.
I primo centri a sviluppare importanti scuole di medicina
furono Montpellier e Salerno. Costantino Africano (1020-1087), riportò in
Italia la tradizione greca grazie alla traduzione in latino delle opere mediche
arabe, che a loro volta avevano assorbito le conoscenze provenienti da Ippocrate
e Galeno.
L’influenza della medicina ippocratica e galenica fu
importante nel favorire il rinnovamento del principio dei temperamenti e degli
umore e della loro influenza sulla salute mentale.
Nella tradizione filosofica medievale, si sviluppò un
pensiero che tendeva a non attribuire la sofferenza mentale al corpo. Secondo Tommaso
d’Aquino (1125-1274), gli esseri umani diventavano amentes o furiosi, a causa
della perdita della ragione, ma questa poteva non essere causato da una lesione
organica. Per guarire da questa perdita della ragione, occorreva stimolare la
ragione stessa, tramite l’insegnamento e l’ascesi ben regolata. E, in caso di
fallimento della cura, allora la comunità doveva supplire alla paralisi
della ragione, tenendo sempre presente la dignità dello spirito di quell’individuo.
Nel passato però spesso, la stessa figura del medico, poteva
anche essere teologo e filosofo, e questa mancata specializzazione impedì a
lungo la formazione di una specifica figura professionale per la cura delle
malattie della mente.
Verso il superamento della tradizione ippocratico-galenica
Fra la fine del Medioevo e l’inizio del Rinascimento la
medicina era ancora condizionata dal paradigma galenico, però alcuni personaggi
iniziarono ad introdurre innovazioni sugli studi di anatomia e clinica. Questi
studi gettarono senza dubbio le basi per la medicina moderna. In particolare,
ricordiamo le opere di alcuni pionieri come Vesalio, Harvey, Borelli, Morgagni,
che piano piano fecero sì che la medicina si distaccasse dalla teoria degli
umori, e si avvicinasse ai principi di meccanica, di chimica, di fisica.
Le cause delle patologie iniziarono quindi ad essere
ricercate in fatti naturali. Nel settecento poi, osservazione e classificazione
portarono alla formulazione di grandi sistemi medici. Non solo l’anatomia, ma
anche la medicina clinica acquistò maggiore importanza, fino all’ordinamento
delle diverse patologie.
Clinica Psichiatrica e istituzione delle Madhouses
La clinica psichiatrica cresceva in parallelo alla clinica
medica. Secondo Foucault (1961) nel Seicento si assistette in Europa a una
sorta di grande internamento delle diversità non conformi all’ideale dell’uomo
borghese venutosi a creare nel Rinascimento. Tutti i paesi europei videro la
creazione di luoghi di reclusione per coloro che mostravano alterazioni della
ragione.
Erano varie le case per i matti e i differenti internamenti,
ma questi anticiparono il vero e proprio manicomio e si trattò delle prime vere
e proprie istituzioni atte a contenere i pazzi insieme agli indesiderabili,
quindi vagabondi, eretici, sospetti politici, delinquenti…)
Durante l’illuminismo si assistette invece ad una
razionalizzazione della psichiatria clinica e anche del manicomio, infatti il
Madhouses Act del 1774, emanato in Inghilterra, fu un documento atto a
regolamentare questi luoghi per evitare gli abusi che venivano commessi al loro
interno. Da allora queste istituzioni furono poste sotto il controllo del
Collegio reale dei medici.
Philippe Pinel (1745-1826), avviò una nosografia
psichiatrica sulla base delle nuove concezione razionali. Il manicomio diventò
per cui il luogo in cui il paziente poteva essere posto sotto osservazione
clinica, grazie alla sua liberazione dai sistemi di internamento precedenti.
Si venne a delineare quindi una tendenza sempre maggiore
alla classificazione minuziosa della psicopatologia, che si approfondì nel
corso del XIX secolo. In particolare, ricordiamo lo psichiatria tedesco Emil
Kraepelin (1855-1925), che diede avvio alla psichiatria clinica e descrittiva
contemporanea.
Lo scopo della classificazione psicopatologica era quello di
formulare delle categorie descrittive generali della malattia per riuscire a
riconoscerne i sintomi con precisione, trovarne le cause e individuare una
terapia e una prognosi, esattamente come per le classificazioni medichi delle
malattie fisiche.
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