René Spitz: diade madre-bambino e sviluppo delle capacità percettive del bambino

La madre garantisce l'equilibrio omeostatico del bambino, l'equilibrio psico-fisiologico, ovvero le sue risposte agli stimoli che potrebbero disorganizzarlo. La madre aiuta il bambino a distinguere, discriminare. Il primo canale di interazione che il bambino ha con l'esterno è la bocca, si tratta del primo organo in grado di interagire, già pronto ad interagire alla nascita. Qui abbiamo a che fare con un organo molto importante ai fini della sopravvivenza fisica e psichica del bambino. La bocca è quindi uno degli organi più pronti al livello recettivo rispetto agli altri. Spitz afferma che durante l'allattamento tra le braccia della madre il bambino sviluppa la capacità percettiva discriminativa, perché durante l'allattamento il bambino sperimenta tante stimolazioni di natura tattile che partono dalla bocca e poi raggiungono tutto il suo corpo. Nel momento in cui il bambino è allattato sperimenta anche le prime percezioni a distanza, oltre al tatto utilizza infatti anche la vista, e quindi comincia a sperimentare la differenza tra stimoli che sente nel proprio corpo e stimoli che provengono invece dall'esterno. 
Il ruolo della madre getta le basi per la capacità del bambino di ricevere gratificazioni da queste attenzioni. Sentendo che la madre interviene subito, il bambino avverte le prime sensazioni della presenza dell'altro, anche se in maniera molto sfumata. Il ruolo della madre è quindi fondamentale, e Spitz comincia a parlare di empatia per la prima volta nella psicoanalisi, si tratta del mettersi nei panni dell'altro (Anna Freud aveva parlato di comprensione amorevole). Attraverso questa attitudine empatica la madre avverte i bisogni del bambino e li soddisfa, così che il bambino comincia ad avere un'esperienza percettiva positiva per il soddisfacimento del suo bisogno. La madre quindi mette il bambino nella possibilità di tradurre quello che lui sperimenta, di dare un significato agli stimoli che altrimenti sarebbero soverchianti. 
Questo rapporto si basa sulla regolarità, la prevedibilità piacevole o spiacevole dello scambio relazionale con la madre. Nella ripetizione e nella prevedibilità il bambino può quindi prevedere, anticipare, farsi aspettative su quello che capiterà in quel contesto lì. Le aspettative sono basate su tracce mnemoniche rudimentali ma sono comunque funzioni di natura cognitiva. Questo percorso non è solo armonico, infatti prevede frustrazioni, perché spesso la madre può non soddisfare immediatamente, ma è un bene perché mettono l'individuo nella condizione di comprendere che l'altro è un altro. 
Quindi c'è una relazione circolare tra madre e bambino e nella mente della madre non c'è l'aspettativa che il bambino capisca le sue parole ma la loro connotazione affettiva. Man mano che questo dialogo continua e si arricchisce, il bambino comincia a discriminare gli stimoli interni ed esterni e questi iniziano ad acquisire significato grazie al rapporto con la madre empatica. 
Il bambino passa quindi da una percezione cenestetica, quindi la percezione di un tutt'uno, ad una  percezione diacritica, ovvero una modalità percettiva discriminativa, e quindi il bambino è progredito nel suo sviluppo e ha competenze troppo elevate per quello che fino a quel momento è atteso. Adesso c'è una richiesta dall'esterno che lo mette nella condizione di sperimentare una crisi, un periodo critico che rappresenta una finestra di apertura. 
Il bambino ora si deve riorganizzare, ed il primo organizzatore è il sorriso indifferenziato. A partire dal secondo mese infatti, si manifesta un sorriso non specifico (o indifferenziato) che trasforma in un'esperienza sociale il dialogo che inizialmente era fondato solo su base biologica. 
Questo sorriso non è rivolto a qualcuno in particolare, ma è un sorriso indifferenziato che però determina che il bambino ha compreso la presenza dell'altro.
Il sorriso indifferenziato rappresenta il segnale che c'è stato il passaggio dalla recezione dello stimolo interno alla percezione dell'esterno, ovvero indica la raggiunta capacità di sospendere il funzionamento incondizionato del principio di piacere e di iniziare il movimento in direzione del principio di realtà. 
Le esperienze ripetitive, le routine, le aspettative create dal bambino rispetto alle esperienze gradevoli o sgradevoli, iniziano ad essere memorizzate in una traccia mnestica di coloratura affettiva non memoria autobiografica. Qui ci troviamo a due mesi, quindi in un periodo non troppo precoce e qui si comincia a delineare l'idea di una memoria, di una funzione cognitiva, quindi questi processi sono dei precursori del pensiero e testimoniano la formazione di un Io rudimentale. 
Il bambino si trova a dover affrontare compiti evolutivi sempre più complessi: man mano che vengono percepiti segnali dalla periferia, l'Io deve assumere il ruolo di filtro, quindi deve fare quello che precedentemente faceva per lui l'Io ausiliario della madre perché il bambino ora è pronto per farlo. (La madre diventa da totalmente buona  a sufficientemente buona proprio intorno al terzo mese del bambino, secondo Winnicott, perché in quel periodo il bambino matura una sorta di competenze e di capacità che gli consentono di tollerare anche da solo queste frustrazioni e di fare ordine. Questo è in linea con quanto dice Spitz). 
Tra il terzo e l'ottavo mese il bambino inizia attivamente ad avere delle relazioni sociali, quindi avviene il passaggio dalla percezione interna a quella esterna. ovvero c'è un passaggio dalla passività all'attività. L'oggetto altro diventa proprio l'oggetto libidico altro, attraverso cui il bambino sperimenta anche le frustrazioni di tipo aggressivo. Tra il bisogno e la soddisfazione del bisogno si interpone adesso il pensiero. Inizialmente per il bambino è necessario che sia tutto e subito, ma in seguito invece è necessario il contrario cioè che non è tutto e subito. Il bambino deve essere disilluso dall'onnipotenza allucinatoria, e la madre questo lo fa intuitivamente attraverso la lettura empatica del bambino. 
Questa induzione della frustrazione che crea assenza sarà fondamentale, per fantasticare l'oggetto dentro di sé, la rappresentazione simbolica dell'altro di cui il bambino è portatore sin dai primi scambi. Studi sperimentali hanno mostrato come il bambino sin da piccolo è in grado di farsi delle aspettative sull'altro perché se ne è creato un'immagine. 
Il bambino tra il terzo e l'ottavo mese ha capito che cosa lo circonda, ha acquisito la capacità di anticipare quello che sta per vivere. Nelle condizioni ottimali ci sono infatti regolarità nelle routine del bambino, che comunque sono negoziate nella diade perché devono accomodarsi al bambino. Grazie a questo il bambino inizia a crearsi i primi script della realtà in cui è immerso. Intorno all'ottavo mese del bambino grazie alla capacità di sviluppo e della percezione visiva il bambino diventa consapevole pienamente della madre. 
Quando il bambino vede una faccia che non conosce dispera perché quello non è la madre, non perché non gli piace quella determinata persona. L'estraneo o una maschera non elicitano più il sorriso, ma ritiro e spesso pianto. 
L'angoscia dell'ottavo mese (o angoscia dell'estraneo) testimonia una maggiore complessità psichica: infatti il bambino non reagisce a ciò che vede (l'estraneo), ma a ciò che non vede (la madre), l'immagine della madre quindi è stata interiorizzata nel bambino. Questo indicatore segnala l'acquisizione delle capacità psicologiche che rendono possibile l'attaccamento: "...non c'è amore fino a quando l'essere amato non può essere distinto da tutti gli altri". 
Il bambino sente la presenza della madre comunque anche se ancora non l'ha ben discriminata. 
All'interno di questa relazione affettiva tutte le competenze del bambino si sviluppano. 
Quando il bambino guarda la madre quello che vede nel volto della madre non è la madre ma è se stesso, cioè la madre gli rimanda se stesso come individuo. La mente materna deve riconoscere il bambino come un altro e non narcisisticamente come parte di se stesso. 
Il bambino ovviamente vede tante persone non familiari e quindi deve imparare a gestire questa angoscia. In questa fase quindi inizia ad utilizzare alcune strategie per gestire l'angoscia derivante dalla separazione dalla madre. Tra queste vi è la capacità di mantenere la vicinanza con la madre, avvicinandosi a lei o ricSpithiamandola attivamente, e l'imitazione della madre, che rappresenta il precursore dell'identificazione, e indica il tentativo del bambino di "rifornirsi" della gratificazione che inizialmente gli era procurata dall'oggetto. 
Il bambino comincia quindi ad avere otto, nove mesi e ad essere più pronto sul piano emotivo, motorio, sociale, ed è in virtù della possibilità di mantenere una vicinanza con la madre che si sviluppa sempre più la percezione uditiva a distanza. Qui l'organizzatore che si viene a creare è la voce della madre, che pone dei limiti, dei confini. In questo momento il bambino deve dire dei NO accompagnati dallo scuotimento della testa. Ogni no proveniente dalla madre costituisce una frustrazione sperimentata come una proibizione e un'aggressione che interrompe un'iniziativa autonoma. Questo però forza il bambino al ritorno ad una passività. Il dispiacere causa conflitto e una spinta quindi verso l'aggressività in risposta alla frustrazione. Il bambino si deve identificare con le intenzioni della madre per evitare l'aggressività per la frustrazione della sua spinta all'autonomia. Identificandosi con l'aggressore, il no materno diventa il no del bambino. Questa interiorizzazione aiuta il bambino a capire successivamente anche il perché è stato detto il no.  L'azione viene rimpiazzata adesso dal gesto semantico, che significa le stesse cose ma le rappresenta in maniera simbolica. 
Spitz sostiene che già durante la gravidanza la donna si prepara a partecipare allo scambio affettivo con il neonato e che questi processi sono sostenuti da alcuni meccanismi regressivi che sono normali e funzionali, e che riattivano nella madre modalità di funzionamento di tipo cenestetico. Si tratta di una regressione normale e funzionale. Se la madre ha raggiunto la fase evolutiva della genitorialità, mostrando quindi sia capacità empatiche che di regressione al servizio dell'Io, allora la regressione può essere transitoria. 
Quanto più il padre è coinvolto nel progetto genitoriale, quanto più presenta cambiamenti a livello ormonale che sono uguali a quelli della madre. Questo è un dato biologico, meno intenso di quello che sperimenta la madre, ma il profilo è lo stesso. Così come la preoccupazione è identica nelle madri e nei padri. 


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